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Chiesa di San Francesco


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Popoli (PE)

La chiesa di San Francesco di Popoli (Pe), tra le chiese popolesi è la più rilevante da un punto di vista artistico, si trova su un lato di piazza della Libertà, al di sopra di una breve scalinata di otto gradini sulla quale si ergono due leoni accovacciati a vigilarne e custodirne l'ingresso. Seppure fondata tra la fine del Duecento e l'inizio del Trecento, essa presenta oggi un aspetto quattrocentesco sul quale si è innestato un intervento barocco. Già a prima vista è facile scorgere i due modi stilistici legati a due fasi diverse di realizzazione. La più antica notizia certa è una menzione nel catalogo redatto da Fra' Paolino da Venezia, vescovo di Pozzuoli, nel 1334, nel quale la chiesa viene inserita all'interno della custodia aquilana. Quello che vediamo oggi è attribuibile a due interventi successivi: nel 1480 venne realizzata la facciata, in stile romanico e la parte inferiore del campanile, nel 1688 fu completata la parte superiore, chiaramente barocca. Solo nel 1714 venne aggiunta la cupola del campanile. La presenza dello stemma dei Cantelmo, signori di Popoli, sulla parte bassa del campanile al di sopra della data del 1480 fa supporre che essi dovettero finanziare in larga misura l'opera di edificazione del luogo di culto. In origine l'edificio doveva essere a navata unica, con coro quadrato, coperto a tetto con cassettoni di legno. Nel 1650 esso venne ultimato in linea con l'architettura dell'epoca. Nella previsione i lavori sarebbero dovuti durare quindici anni ma il tempo della costruzione fu molto più lungo protraendosi fino al pieno Settecento, come risulta dall'apparato decorativo piuttosto freddo e severo. Successivi restauri, a carattere trasformativo più che conservativo, hanno alterato completamente l'interno, lasciando dell'architettura barocca solo la planimetria. Il rilevante intervento seicentesco è testimoniato dalla relazione Innocenziana (1650) come uno dei pochi interventi di ricostruzione di chiese francescane nella prima metà del Seicento. L'eccezionalità del caso sta nel fatto che non si trattò di un semplice intervento di adeguamento o ricostruzione ma di un opera di completamento di una costruzione avviata due secoli prima. Il modello di riferimento fu lo schema gesuitico del Gesù romano, che da Popoli dilagò poi nel resto della regione. Da questo venne ripresa la pianta a croce latina ma molti sono gli elementi di differenziazione tra le due chiese, tra cui una navata più allungata, il numero delle cappelle disposte sui lati della navata, che sono quattro anziché tre, e il coro che alla terminazione absidale sostituisce quella piatta, tipica dell'architettura mendicante abruzzese. La parte più interessante è la facciata che, essendo il risultato di due diversi interventi, fonde insieme stili e forme tardomedievali, rinascimentali e barocche. Alla parte bassa romanica vennero aggiunte in epoca barocca delle paraste angolari ed una cornice sporgente. Sempre in epoca barocca la chiesa venne innalzata attraverso la costruzione di un secondo piano più stretto, raccordato al primo per mezzo di volute laterali. La scelta della terminazione piana risente di influenze regionali e meridionali e trova analogie soprattutto in chiese pugliesi e siciliane. Il fatto che essa sia costituita da blocchi di pietra concia locale a strati paralleli ed orizzontali, sia nella parte inferiore sia in quella superiore, dà all'insieme un aspetto abbastanza omogeneo. Sono i particolari che manifestano la diversa matrice storico-architettonica. Il portale e il rosone, in stile romanico, arricchiscono ed impreziosiscono il manufatto medievale, le volute di raccordo e il finestrone così come la cupoletta del campanile distinguono e caratterizzano la parte barocca. La parte alta, barocca, dà slancio all'intero prospetto in piena armonia con quella romanica preesistente. L'intera facciata è ravvivata da nove statue disposte in ordine sparso. Al centro, in alto, è la statua di San Giorgio a cavallo nell'atto di trafiggere il drago, che sta ad indicare un omaggio alla famiglia Cantelmo. Le altre raffigurazioni sono Santi disposti a due a due in maniera simmetrica e tra questi, ai lati del portale, i due Santi francescani più popolari, San Francesco e Sant'Antonio di Padova, protettori della chiesa. L'interno è stato soggetto a molteplici interventi di restauro che hanno alterato l'assetto e la decorazione originaria. Lungo la navata unica si aprono quattro cappelle per lato che ospitano opere degne di nota, alcune del periodo medievale e rinascimentale, altre dell'età barocca. Realizzazioni barocche sono l'altare in marmo, realizzato nel 1742 all'interno della cappella del transetto destro, destinato ad ospitare l'affresco della Deposizione attribuito a Giovanni da Sulmona e datato al XV secolo. Nella cappella di San Francesco, a sinistra dell'altare, è un paliotto in ceramica realizzato da Francesco Antonio Grue (1686-1746), celebre ceramista di Castelli. Sono 67 mattonelle smaltate che, utilizzando soprattutto i colori dell'azzurro e dello zafferano, rappresentano tra motivi floreali e animaleschi una Pietà affiancata da due angeli. Attribuito ad un discepolo del Sassoferrato (1605-1685) è il quadro dell'Incoronata che presenta una eccellente miniatura della Madonna ritratta ai piedi della composizione. Molti altri manufatti barocchi sono andati perduti, in parte distrutti durante il terremoto del 1915, come nel caso della cantoria in legno scolpito, in parte a causa della guerra, come il coro in legno di noce e le porte lignee. Anche i sotterranei di questa chiesa venivano usati per la sepoltura dei defunti e mantennero questa funzione fino al 1845, anno di costruzione del cimitero comunale. Ai membri della famiglia Cantelmo invece venne riservata una cappella particolare, corrispondente all'attuale Cappella del SS. Sacramento, come testimonia lo stemma gentilizio posto sulla sommità del cancello in ferro.

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