La figlia di Jorio
Misure: 550 (l) 275 (a) (cm)
Datazione: sec. XIX 1895 / 1895
PALAZZO DEL GOVERNO
Pescara (PE)
Michetti Francesco Paolo 1851/1929
La nota predominante del quadro è la figura della donna, un'unica e viva tonalità. L’ampio manto rosso vermiglio ben si fonde con l’abito della stessa intonazione cromatica nascondendola quasi interamente alla vista. La donna incede con passo lungo, rapido, sicuro, allontanandosi dal gruppo dei cinque uomini, seduti o sdraiati sul profilo di un'altura, che con i loro volti e con i loro atteggiamenti esprimono sentimenti diversi. Sulla sinistra un uomo sdraiato supino (che ha i tratti di Paolo de Cecco, amico di Michetti), con uno sguardo malizioso. Più in alto un altro uomo ha un volto attonito, stregato dal passaggio della donna (è Aligi nella tragedia di D'Annunzio). Il terzo uomo con una folta barba è più calmo e sembra stia richiamando i suoi amici. Poi due ragazzi: uno con le mani che stringono le ginocchia e che forse ha lanciato una frase d’invito, l’altro prono a gambe incrociate con lo sguardo trasognato affascinato dalla donna. Altre due figure “tagliate” completano il quadro nella parte destra. Sullo sfondo si staglia nella sua possente maestosità la Majella madre, più precisamente le cime innevate del Morrone, che racchiudono ed abbracciano tutta la rappresentazione. Il suo delicato, modulato profilo è messo ben in risalto dal colore terso e luminoso del cielo azzurro e sereno.
Il tema del dipinto fu ispirato da uno sgradevole episodio avvenuto nella piazzetta di Tocco da Casauria, in un assolato pomeriggio estivo, cui assistettero lo stesso Michetti e Gabriele D’Annunzio: una ragazza fuggiva di corsa davanti ad un gruppo di mietitori accaldati ed alticci che la insultavano."Io ero col mio divino fratello Ciccillo in un paese d'Abruzzo, chiamato Tocco da Casauria, dove, appunto, era nato l'amico, il pittore dal magico pennello... Ebbene, tutti e due, d'improvviso, vedemmo irrompere nella piazzetta una donna urlante, scarmigliata, giovane e formosa, inseguita da una torma di mietitori imbestiati dal sole, dal vino e della lussuria. La scena ci impressionò vivamente: Michetti fermò l'attimo nella sua tela ch'è un capolavoro, ed io rielaborai nel mio spirito, per anni, quanto avevo veduto su quella piazzetta. E infine scrissi la tragedia."(G. D'Annunzio). La stesura del quadro fu preceduta da lunghi anni di elaborazione, da studi e bozzetti supportati dalla sperimentazione fotografica. Infatti sia la figura dell’uomo sulla destra, sia quella femminile accanto a lui, sono tagliate come da un’inquadratura filmica. L’opera fu premiata alla prima Biennale di Venezia (1895) e ad essa si ispirerà l’omonima tragedia dannunziana, rappresentata per la prima volta nel 1904. La tela fu acquistata in seguito dal collezionista tedesco Ernest Seeger per la Galleria Nazionale d'Arte di Berlino. Quando nel 1932 fu nuovamente esposta a Venezia nel corso della XVIII edizione della Biennale, nel Padiglione italiano, la notò il ministro abruzzese Giacomo Acerbo, il quale ne propose l'acquisto alla Provincia di Pescara, che dopo lunghe e difficoltose trattative ne divenne infine proprietaria. Nel 1943 la tela fu salvata dai tedeschi da Giuseppe Santoleri e Vittorio Bianchini che riuscirono a portarla via e a nasconderla nel seminario diocesano di Penne, dove è stata custodita sino alla fine della guerra. Di recente è stata sottoposta a un importante restauro da parte della Sovrintendenza ai Beni Culturali del MIBACT.