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Cattedrale di Santa Maria Assunta


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Come arrivare

Teramo (TE)
La cattedrale di Teramo, dal 1933 dedicata a Santa Maria Assunta, appare con la sua monumentale facciata, in maniera quasi improvvisa, al termine di Corso Michetti. Essa costituisce il punto di convergenza delle principali arterie del centro storico cittadino e delimita i quattro antichi quartieri di San Giorgio, Santo Spirito, Santa Maria a Bitetto e San Leonardo. Non è ancora stato possibile determinare in modo certo la sua data di fondazione, poiché non esiste una documentazione diretta circa i lavori di costruzione; secondo gli storici locali comunque l'edificazione sarebbe avvenuta tra il 1156 ed il 1158. L'edificio sorse, ad opera del vescovo Guido II, nell'ambito del processo di ricostruzione della città, distrutta dalle invasioni normanne; esso rappresentò la nuova cattedrale in sostituzione della precedente Santa Maria Aprutiensis. L'edificazione avvenne all'estremo margine della città e si pose come elemento ordinatore della nuova espansione cittadina. Lo spazio antistante la cattedrale divenne così il nuovo fulcro della vita politica e religiosa ed iniziò a rappresentare la platea trivii, il punto di convergenza delle principali vie che mettevano in collegamento con le tre porte della città. La presenza di un cospicuo numero di monumenti romani nel sito della chiesa e la sua presunta data di fondazione (1156-58) hanno lasciato supporre l'esistenza di un tempio o di una costruzione preesistenti. Ampio è l'utilizzo di elementi provenienti da materiale di spoglio come colonne, capitelli, basi e lastre. Sicuramente parte del materiale lapideo fu prelevato dagli adiacenti teatro ed anfiteatro romani; di quest'ultimo si demolì persino la parte nord-occidentale per offrire lo spazio alla nuova cattedrale. L'organismo del XII secolo è stato modificato da aggiunte e restauri, pertanto non è semplice effettuare una lettura unitaria del monumento religioso, che si presenta oggi come il frutto di diversi interventi architettonici. È in primo luogo evidente la presenza di due corpi indipendenti non allineati sul medesimo asse. Il primo corpo parte da est, arriva sino alle mura presbiterali ed è quello riferibile alla fabbrica del vescovo Guido II, l'altro rappresenta un prolungamento dovuto all'intervento del vescovo Nicolò degli Arcioni, il quale nel XIV secolo (1332-35) decise di aggiungere la parte posteriore per aumentare la capacità di accoglienza della chiesa. La costruzione guidiana è a tre navate con colonne romane (sostituite nel restauro del 1924-35) che si alternano a pilastri rettangolari di differenti dimensioni. La loro irregolare successione, più che da attribuirsi ad una concezione libera dello spazio o ad una frettolosa sistemazione degli elementi verticali, dovrebbe ricondursi ai vari interventi succedutisi nel corso dei secoli. Ad un'attenta analisi emerge infatti una differenza temporale dei pilastri, che apparentemente potrebbero sembrare appartenere alla stessa epoca. L'ambiente è scandito da arcate a tutto sesto e termina con un presbiterio delimitato da quattro pilastri cruciformi sostenenti archi trionfali da cui si innalza una cupola a spicchi ottagonale larga quanto la navata principale. A metà della nave maggiore si sviluppa un corpo trasversale contenente la barocca cappella di San Berardo, che accoglie le reliquie del Santo, qui trasportato dalla vecchia cattedrale nel 1174. Evidenti tracce ad arco presenti sulla muratura esterna sotto la cupola rendono attendibile l'ipotesi che la costruzione iniziale terminasse con tre absidi. All'interno della nave guidiana si può comunque rintracciare un carattere stilistico unitario, una sicurezza di impianto contraddistinta dalla scansione geometrica degli spazi, articolati secondo la matrice cubica tipicamente protoromanica. L'organismo architettonico mostra un'evidente ispirazione romanica con linee semplici e severe che scandiscono la poderosa struttura. Anche la cattedrale di Teramo, come molte chiese abruzzesi, nasce sull'onda del rinnovamento architettonico portato dai Benedettini a partire dall'XI secolo in gran parte dell'Abruzzo. Nel caso teramano l'influenza più diretta è stata rintracciata nella scuola valvense del XII secolo, importante polo di riferimento per l'architettura regionale del periodo. Dall'ambiente guidiano sei gradini conducono alla nave superiore, frutto dell'ampliamento voluto da Nicolò degli Arcioni. Questa è divisa in tre navate scandite da due pilastri centrali, uno a sezione rotonda e l'altro a sezione ottagonale. Sui pilastri si impostano arcate trasversali a sesto acuto che si collegano alle mura perimetrali poggiando su alte lesene. Lo spazio è del tipo delle chiese a sala, con ampio ambiente ipostilo caratterizzato da un'altezza quasi uguale delle tre navate; l'effetto è quello di una generale uniformità che rende l'architettura particolarmente monumentale. All'utilizzo di questa soluzione, non molto frequente in Italia, si aggiunge quello della particolare forma a capanna spezzata che, sfruttando la possibilità di inserire finestre nella navata centrale, rende più luminosa questa parte di chiesa. L'intervento di Nicolò degli Arcioni non fu limitato solo all'ampliamento della chiesa ma riguardò anche la facciata guidiana. Si attribuiscono alla sua opera il maestoso portale principale, la sopraelevazione delle mura delle navatelle fino al livello di quelle della nave centrale, con il risultato di una facciata non più a capanna spezzata ma a coronamento orizzontale, l'inserimento della cornice in cotto a spina di pesce e della merlatura ghibellina a conclusione del prospetto. Gli interventi che hanno interessato il fronte si rintracciano nella differente composizione delle murature dell'ordine superiore: la parte centrale è composta da una cortina in mattoni, quella laterale sinistra da conci irregolari, quella laterale destra da filari di mattoni. Va precisato che le ipotesi circa la diversità delle murature non sono concordanti; non tutti gli studiosi ritengono che la serie di interventi sia da attribuirsi interamente al periodo arcioniano, poiché considerano la cuspide del portale e le decorazioni poste a coronamento appartenenti ad un periodo successivo. Elemento di assoluto spicco nel contesto del prospetto principale è di certo il portale, uno dei più importanti monumenti della regione abruzzese, realizzato dallo scultore romano Deodato nel 1332, come attesta l'iscrizione a mosaico posta sull'architrave. L'opera, monumentale e scenografica, si contraddistingue per la raffinatezza dei fregi e delle sculture, per la proporzione delle misure, per la ricchezza cromatica dei marmi. Il portale presenta una strombatura a tre sbalzi in cui a due colonnine tortili si alternano finissime decorazioni di intaglio e di opus tessellatum; tale motivo dagli stipiti prosegue girando sull'arco a tutto sesto. La ricca decorazione è conclusa ai lati da due colonnine lisce, ognuna con un leone stiloforo in atto di riposo alla base ed una statua sul capitello: quella dell'Arcangelo sulla colonna di sinistra e quella dell'Annunziata su quella di destra. L'architrave è decorato con un fregio a mosaico contenente l'iscrizione a caratteri gotici dorati che attesta la paternità e la data dell'opera. Ad essa si aggiungono tre stemmi rossi a forma di scudo: il primo a sinistra simboleggia la città di Teramo, il centrale è lo stemma di Nicolò degli Arcioni, l'ultimo contiene il nome di Atri. Sopra il portale si erge un alto timpano a cuspide realizzato a opus quadratus e chiuso da due cornici a foglie rampanti. Al centro è posto un ampio rosone formato da tre archi concentrici decorati ad intaglio: l'arco più esterno presenta un motivo a fiori quadrati, quello centrale delle foglie raccolte a tre e quello interno piccole rose. A chiudere la decorazione vi sono tre edicole contenenti statue di santi, due in basso con San Berardo e San Giovanni Battista, una in alto con il Redentore in atto di benedire. Il completamento di tale prospetto realizzava il disegno di Guido II di fare della cattedrale il fulcro della vita civile e religiosa, perfettamente collegata alle tre piazze scandite rispettivamente dal palazzo del Comune, da quello del Vescovado e dalle sedi dei mercati. Una raffigurazione di questo sistema di piazze si trova nella IV epistola del Campano, in cui il vescovo, nel descrivere il palazzo vescovile, dice che era circondato da ...triplex forum, primum in quo animalia, alterum in quo merces veneunt, tertium, a tergo, macellarii... Anche la costruzione della seconda facciata potrebbe essere ricondotta alla volontà, questa volta di Nicolò degli Arcioni, di mantenere l'edificio in posizione centrale nel contesto cittadino. Il prospetto fu infatti orientato proprio verso la nuova città, sviluppatasi nella zona occidentale denominata Terra Nova. Tale fronte, dall'aspetto più semplice ed essenziale, è diviso in due ordini da una cornice orizzontale. La parte inferiore è in muratura in pietra concia, quella superiore presenta un apparecchio misto a fasce alternate di mattoni di colore rosso bruno e pietra concia. Il portale è murato, ai suoi lati si aprono due monofore dalla forma stretta e lunga e in alto un ampio occhio. Risulta evidente da tali elementi l'iniziale progetto, poi abbandonato, di creare una nuova facciata principale, proprio in relazione alla previsione di uno sviluppo della città verso ovest. Tra la facciata arcioniana ed il fianco settentrionale si erge un maestoso campanile a pianta quadrata. La sua costruzione fu iniziata a partire dalla metà del XII secolo per poi essere completata nel 1493 da Antonio da Lodi. Questi innalzò la cuspide ottagonale terminante a forma di piramide tra pinnacoli, alleggerendola con bifore e oculi contornati da maioliche. Tale motivo architettonico è stato ripetuto altrove dallo stesso maestro e successivamente preso a modello per numerosi campanili costruiti nell'area teramana. Inserita tra i due corpi di fabbrica si erge la cupola ottagonale. Essa risalta per la sua struttura muraria policromatica, nella quale filari di pietra concia si alternano a filari di mattoni, creando, attraverso il contrasto dei colori, un gradevole effetto cromatico. L'utilizzo di tali forme decorative è da ricondursi alle maestranze di scuola valvense che operarono nella zona sicuramente intorno alla metà del XII secolo. La cupola del Duomo teramano è stata posta in stretta analogia con quella della cattedrale di San Pelino (1075) in Corfinio (Aq) e con la cattedrale valvense di San Panfilo (1075) in Sulmona (Aq), portando studiosi come il Gavini a sostenere uno stretto legame culturale e cronologico fra le due fabbriche: quella teramana discenderebbe direttamente da quella valvense (Gavini 1927-28, edizione 1980). Dopo un importante restauro ad pristinum, ultimato nel 1933, dal 2005 al 2007 la cattedrale è stata sottoposta ad un generale e complesso restauro costantemente monitorato dalle tre Soprintendenze abruzzesi: la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio, la Soprintendenza per i Beni Archeologici e quella per il Patrimonio Storico, Artistico e demo-etno-antropologico. Il corpus degli interventi è stato costituito innanzitutto da opere di consolidamento delle strutture portanti e delle coperture, per poi passare ad un attento restauro delle superfici decorate, che ha consentito di poter nuovamente fruire dei colori originali. La riscoperta delle antiche tonalità del tessuto lapideo è stata un importante punto di riferimento per la ricostruzione cromatica dello spazio architettonico interno, in particolare per la scelta dell'intonaco delle pareti e per quella del pavimento. È stato creato un nuovo impianto di illuminazione con lo scopo di creare la luce più naturale possibile ed è stato inserito un moderno sistema di riscaldamento a pavimento. Degna di nota è anche la sistemazione dell'altare, adeguato alle esigenze della liturgia, sul quale si è definitivamente esposto il magnifico paliotto di Nicola da Guardiagrele, dopo il difficile restauro voluto e finanziato dalla Associazione per il Restauro del Patrimonio Artistico Italiano. Il duomo di Teramo conserva al suo interno un cospicuo numero di capolavori che, a prescindere dalla loro matrice stilistica e cronologica, risultano senza dubbio degni di nota. Sul fronte dell'altare maggiore è collocato il già citato paliotto d'argento di Nicola da Guardiagrele; all'interno della cappella della Sagrestia Nuova si conservano le tele seicentesche del polacco Sebastiano Majeswski. Un pregevole polittico trecentesco del veneziano Jacobello del Fiore è ammirabile sull'altare barocco della cappella di San Berardo. A ciò va aggiunta una particolare scultura lignea rappresentante una Madonna con Bambino opera del Maestro della Santa Caterina Gualino.
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