Cattedrale di San Panfilo
San Panfilo Cathedral
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La Cattedrale di San Panfilo conserva alcune tra le più importanti testimonianze dell'arte e dell'architettura medievali della città di Sulmona. Secondo la tradizione già nell'VIII secolo, sui resti di un tempio pagano, sarebbe stata eretta una primitiva chiesa, proprio nel luogo in cui i portatori delle spoglie di San Panfilo, durante il trasporto da Corfinio a Sulmona, si fermarono per la fatica. Notizie più certe si hanno dal Chronicon Casauriense, secondo cui dal 1075 venne iniziata la ricostruzione della chiesa (contemporaneamente alla consorella corfiniese di San Pelino), ad opera del vescovo Trasmondo, per essere portata a termine dal vescovo Gualtiero nel 1119. Da quel momento in poi il percorso della chiesa sulmonese è stato piuttosto tortuoso a causa di una serie di catastrofici eventi - incendi, rovine, terremoti - che hanno comportato restauri, ricostruzioni ed aggiunte. Tra tutti si ricorda il terribile sisma del 1706 in seguito al quale crollarono le sagrestie, il campanile trecentesco ed il Palazzo Vescovile, non più ricostruiti. I vari interventi di ripristino se da un lato sono riusciti a conservare l'organismo strutturale medievale, dall'altro hanno comportato una quasi totale trasformazione dell'apparato decorativo in forme barocche; ad essersi completamente conservata è la cripta, vero e proprio scrigno di reperti scultorei dell'epoca in esame. La cattedrale di San Panfilo si presenta pertanto ai nostri giorni come un complesso architettonico ed artistico articolato ed eterogeneo, in cui la componente medievale è sopravvissuta in misura parziale ma non per questo meno degna di nota. La struttura conserva l'originario impianto basilicale a tre navate con doppia fila di colonne romaniche, all'interno del quale si osserva una predominanza di rivestimenti barocchi frutto dei citati interventi di ammodernamento. La facciata è ripartita in due ordini da una ricca cornice decorata con foglie di acanto e di cardo; l'ordine superiore è il risultato del rifacimento successivo al terremoto del 1706, quello inferiore ha invece fortunatamente conservato il suo carattere trecentesco. Al centro si apre il bel portale opera del sulmonese Nicola Salvitti, il quale nel 1391 fu incaricato del rifacimento della facciata dal vescovo Bartolomeo, come si evince dal documento di stipula del contratto in cui si afferma che "Magistrum Nicolaum Salvitti velle facere seu laborare rosam et frontespicium dicte ecclesie [...] ad similitudinem omnem illius rose que est in fronte [...] de loco predicatorum de Sulmone et quod sit similis in laborerio, tam arcum quam colondellorum, frondium..." L'artista avrebbe dovuto quindi abbellire la facciata anche con un rosone, oggi purtroppo andato perduto. Il portale, ogivale e strombato, è affiancato da due colonne poggianti su leoni stilofori a loro volta sorretti da due basamenti in pietra; al termine delle colonne sono posti due fastosi capitelli la cui decorazione prosegue nei rilievi alla base dell'arco del portale. Sopra i capitelli si alzano due edicole in cui alloggiano le statue di San Panfilo a destra e San Pelino a sinistra. La lunetta è affrescata con una Deposizione quattrocentesca attribuita all'autore dell'importante ciclo pittorico della Cappella Caldora dell'abbazia celestiniana di Santo Spirito al Morrone. Sul fianco sinistro, che affaccia sull'orto al posto del quale sorgeva il Palazzo Vescovile, si apre un portale da riferire alla primitiva costruzione romanica, con una grande iscrizione a caratteri longobardi sull'architrave. L'organismo del portale è stato posto in relazione con quelli del San Pelino di Corfinio, in particolare con il laterale, essendo entrambi ricavati da un avancorpo formato dall'innalzamento degli spigoli esterni degli stipiti sopra l'archivolto. Sullo stesso lato, lungo il corpo corrispondente alla navata centrale, rimangono cinque aperture, anch'esse di epoca romanica. La parete presentava delle lesene di rinforzo delle quali a fatica è possibile rintracciare i resti nelle murature di restauro. Il prospetto posteriore si articola in tre absidi, una centrale e due laterali. L'assetto generale è stato purtroppo alterato dagli interventi di restauro di fine Ottocento, ciò nondimeno è possibile cogliere l'impronta del cantiere duecentesco nel quale le strutture absidali vennero realizzate. Esse sono divise orizzontalmente da una cornice ad archetti pensili semicircolari; oltre alle aperture nella zona superiore, una per ciascuna abside, si notano, nella zona inferiore, piccole monofore con arco a tutto sesto che illuminano l'interno della cripta. La parte più antica e meglio conservata dell'intera costruzione è senz'altro la cripta; ad essa si accede da un'ampia scala aperta nel XVII secolo al termine della navata centrale o da due più strette rampe laterali. Si tratta di un monumento raro in Abruzzo: una grande cripta della quale si conosce l'anno di realizzazione, il 1075. L'ambiente occupa la larghezza delle tre navi estendendosi per tutta l'area presbiteriale comprensiva delle absidi. Originariamente 16 colonne ripartivano lo spazio in sei navatelle disuguali, esse divennero in seguito 14 poiché due vennero eliminate per la costruzione, nella parte centrale, dell'altare del Santo Patrono, sotto il quale se ne conservano le spoglie. Gli archi che collegano le colonne sono a tutto sesto e racchiudono volte a crociera dalla quadratura irregolare, dovuta alla disposizione asimmetrica delle colonne. Queste ultime sono formate da un fusto monolitico di pietra calcarea durissima e poggiano su semplici plinti. Più ricchi e variegati sono i capitelli, esplicito esempio del gusto originale ed estroso che animava gli artisti dell'epoca. Una parte di essi risulta rovinata dai maldestri interventi di scalpellatura praticati per favorire l'adesione degli stucchi con cui in passato erano state rivestite le colonne. Sino ad un certo periodo erano stati ritenuti opera di rozzi scalpellini operanti all'epoca di Trasmondo, ma dopo una recente rilettura del loro stile sono stati rivalutati e retrodatati alla fine del IX o all'inizio del X secolo. Non è semplice raggrupparli in maniera puntuale poiché si caratterizzano per una notevole varietà decorativa. Fra i motivi predominanti vi è la forma a campana diversamente decorata con foglie, volutine, palmette e rosoni. Una parte dei capitelli mostra invece minor nesso e perizia decorativi, esibendo un'impronta artistica sicuramente più approssimativa. Elemento di raccordo tra la cripta di San Panfilo ed i coevi monumenti presenti in Abruzzo è la "cornice benedettina" del San Liberatore a Maiella, qui impiegata a forma di mensola in alcuni capitelli. Tali analogie stilistiche confermano anche in territorio sulmonese la presenza della scuola benedettina di San Liberatore, la quale, al servizio del vescovo Trasmondo, conduceva contemporaneamente lavori in più fabbriche. Le strutture, a differenza di altre fabbriche abruzzesi, non furono realizzate con materiali di spoglio, il che risulta anche dalla regolarità degli spazi e degli elementi in essi inseriti; le colonne hanno una loro simmetria, così come i punti di imposta delle archeggiature, risultando l'ambiente chiaro ed omogeneo. Unico elemento di riutilizzo sono i capitelli, ma anch'essi vennero ridimensionati alla base per essere raccordati nella maniera migliore con i fusti delle colonne. La cripta di San Panfilo, pur essendo coeva del Sant'Alessandro di Corfinio, si caratterizza per una propria impronta formale marcatamente lineare ed essenziale. Vi sono ciò nondimeno elementi di assonanza stilistica tra le due strutture, come la cornice posta a decorazione dei capitelli delle semicolonne. Si tratta, più precisamente, di vere e proprie sezioni di cornice da intendersi non tanto come forma di reimpiego quanto come parti appositamente realizzate per quella singolare collocazione. La cornice è formata dalla sovrapposizione di una fila di dentelli, di un tortiglione e di un listello al posto degli ovoli. C'è chi in tali decorazioni ha ravvisato un gusto classicheggiante, chi invece preferisce negare una volontà evocativa di scenari antichizzanti, proprio riferendosi ad una evidente dissacrazione dei canoni classici rintracciabile nell'utilizzo assolutamente non canonico della partitura architettonica. Per restare in tema di influssi "classicisti" val la pena menzionare gli ornati a foglia grassa delle mensole esterne ed il tipico rosone abruzzese vicino alla mensola con lo stemma della città. Due interessanti opere sono custodite nella cripta sulmonese: la Madonna delle Fornaci e la Cattedra vescovile. La prima è una pregevole Madonna con Bambino in pietra policroma del XII secolo, che secondo la tradizione proverrebbe dal vicino borgo Pinciaro, dove in periodo medievale erano attive fabbriche di embrici ed in cui esisteva una chiesa dedicata alla Vergine, e sarebbe stata posta nella cripta in epoca imprecisabile. Non tutti sono però concordi con tale versione, qualcuno ritenendo piuttosto improbabile poter attribuire la scultura "ad un edificio che non fosse il massimo tempio della città", altri sottolineando che due sculture affini si trovano in due importanti monumenti del periodo romanico: all'interno della Basilica valvense di San Pelino a Corfinio e nella lunetta del portale di destra dell' Abbazia di San Clemente a Casauria. Ciò starebbe a dimostrare che le tre sculture parteciperebbero della stessa temperie culturale riferibile all'evento trainante della ricostruzione della chiesa casauriense promossa dall'abate Leonate a partire dal 1176. L'altra opera, la cattedra vescovile, è posta al centro dell'abside maggiore della cripta, ed è molto probabilmente il risultato di una ricomposizione di elementi eterogenei e di diversa provenienza; a ciò va aggiunto che non doveva essere la cripta il posto destinato ad accogliere la cattedra. Interessanti sono le fiancate marmoree decorate con rosoni a rilievo inquadrati da cornici, quella di sinistra con palmette ad acroterio e quella di destra con elementi vitinei e grappoli d'uva. Due pesi romani sono posti sopra le lastre in funzione di pomelli. Lo schienale è dipinto con le figure di due angeli reggistemma posti sopra un alto capitello, realizzazione sicuramente più tarda rispetto al resto delle decorazioni. Nel centro della cripta, tra la cattedra ed il tempietto dedicato a San Panfilo, è posto un piccolo altare di San Pietro da Morrone con una nicchia ad arco ogivale nella quale è scolpito un crocifisso in bassorilievo. Secondo la storiografia locale l'altare sarebbe stato consacrato proprio da Celestino V, il 10 ottobre 1294, appena dopo la sua incoronazione, di passaggio a Sulmona in un viaggio verso Napoli. Con il terremoto del 1706, a causa degli ingenti danni, si decise di scavare per recuperare tutto il materiale possibile: suppellettili, libri e documenti dell'archivio contenuti nella sacrestia, le canne d'organo ecc. Fu così che dai recuperi del crollo vennero riportate alla luce le strutture originarie che si erano salvate.
San Panfilo Cathedral, built on the ruins of a pagan temple, was restored by order of the bishop Trasmondo in 1075; after an earthquake in 1706 a new Baroque building replaced the previous Romanic one, of which nevertheless the three apses and a portal on the right side remained.
A projecting cornice divides in two parts the faade, which ends in a horizontal coping and contains the ribbed-vaulted belfry. The Medieval portal carried out by Nicola Salvitti and a lunette representing Christ's Deposition are remains of the former building.
The plan extends lengthwise and consists of a nave and two aisles divided by circular pillars; from the raised presbytery it is possible to reach the saint's crypt and the museum of the cathedral. The wood choir and pulpit were carved by the Ferdinanado Mosca from Pescocostanzo; the funeral monuments inside the church and the frescoes of the crypt are noteworthy as well.
A Museum is set inside the church and exhibits one part of the cathedral's treasure, along with archives containing more than twelve thousand documents and three thousand parchments dating between the XI and the XIX century.