Sito archeologico di Amiternum
Amiternum - archaeological site
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Amiternum era una nota città Sabina, seconda per importanza solo a Rieti. Corrisponde all'odierna frazione di San Vittorino, a circa dieci km a nord-est dell'Aquila. Il nome deriva dal fiume Aterno che scorre vicino, o come ricorda Strabone attraversava l'abitato (V 4,2) e Varrone (De ling. Lat. V 28) ricorda che "gli Atermini sono chiamati così perché abitano intorno all'Aterno". Catone (citato da Dionigi d'Alicarnasso, II 49) afferma che "il più antico insediamento sabino, Testruna, sarebbe stato in prossimità di Amiterno", dove Varrone (Dionigi, I 14) colloca anche Lista, considerata il principale centro degli Aborigeni. Viene ricordata per la sua pianura fertile anche se la sua urbanizzazione è molto tarda. Molto probabilmente sul colle S.Vittorino sorgeva un vicus iniziale, scelto come centro amministrativo comunale. Il successivo abbandono medioevale ci fa rivivere la situazione originaria di abitati sparsi e che questi vici fossero ancora fervidi in epoca imperiale, come testimoniano i ritrovamenti archeologici (villaggi attuali di Scoppito, Pizzoli, Preturo, Coppito). La storia costituzionale e amministrativa di Amiternum riflette una particolare situazione economica-sociale comune in tutta la zona. L'oppidum venne occupato dai romani nel 293 a.C. durante la terza guerra sannitica (Livio, X 39, 2-4), nel corso sarebbero stati uccisi 2800 uomini e catturati 4270. Nel 290, con il definitivo assoggettamento della Sabina il centro entrò a far parte dello stato romano ottenendo la cittadinanza sine suffragio (senza diritto di voto), che dovette tramutarsi in optimo iure (piena cittadinanza) nel corso del II sec. al massimo. Fino ad Augusto la città restò semplice prefettura governata da octoviri e solo allora dovette accedere a statuto di municipio anche se, recentemente, la scoperta dell'iscrizione con la menzione di duoviri fa pensare all'esistenza di una colonia anteriore alla costituzione del municipio. Il culto imperiale era amministrato da tresviri augustales invece che dai seviri, anche questo segno di un'amministrazione municipale non del tutto sviluppata. La città diede i natali al celebre storico Sallustio nell'86 a.C.. Tra i più noti culti locali ricordiamo quelli di ferocia, di Ercole e di Fortuna il cui tempio fu ricostruito dopo un incendio come ci attesta un'iscrizione di epoca imperiale (CIL IX 4181). La città conservò importanza anche in epoca medievale e sede episcopale nella metà del XIII sec., sede trasferitasi in un secondo momento all' Aquila: questo atto sancì l'abbandono definitivo dell'antico centro. L'oppidum primitivo conquistato dai romani nel 293 occupava la sommità del colle San Vittorino e nel corso della tarda repubblica e l'inizio dell'impero, con la progressiva urbanizzazione dell'abitato, il centro si spostò ai piedi del colle verso l'Aterno, dove evidenti sono i resti archeologici (teatro e anfiteatro). Il perimetro privo di mura non doveva superare i 3 km, i limiti sono definibili a ovest dalla Salaria per Cermone e a sud in base alla presenza di necropoli (località Torroncino). Il foro era probabilmente situato a sud dell'Aterno, tra il teatro e l'attuale strada statale che collega la provincia a Teramo, da qui proviene il famoso calendario conservato al Museo dell'Aquila. La città presentava anche un impianto termale sulla destra del fiume, alimentato da un acquedotto, poco conservato, e al quale si riferisce un'iscrizione, scoperta nel 1890 e databile tra la fine della repubblica e Augusto, in cui si menziona il percorso dell'acquedotto dal serbatoio (castellum) fino al punto di distribuzione circa 2568m. Un secondo acquedotto, molto più lungo del precedente, alimentava la zona centrale della città, posto a sinistra del fiume ma aveva origine dalle sorgenti del Rio Grande (odierna villa Raiolo a Pizzoli) e terminava nella località Ara di Saturno (vicino il teatro) dopo un percorso di circa 3.5 m. Un'iscrizione di bronzo, patronato della famiglia Sallii menziona il nome del primo acquedotto Aquae Arentani, ne ricorda il restauro datato 325 d.C., la sistemazione delle terme ad opera di C. Sallio Sofronio Pompeiano, della curia Septimiana Augustea (curia della città) e del teatro. La seconda iscrizione menziona l'altro acquedotto denominato aqua Augusta di età tiberina, e le terme costruite da un certo L. Iulius Pompilius Betulenus Apronianus vengono menzionate da una terza iscrizione (CIL IX 4196). Il teatro di Amiternum, scavato a partire dal 1878, è situato al centro della città in località Ara di Saturno, presenta la cavea ricavata ad est in buona parte dal pendio della collina e a ovest costruita con otto muri di sostruzione. Essa, con diametro di 80 m. circa poteva contenere 2000 spettatori e doveva comprendere due ordini: il prima prevedeva 18 gradini è conservato fino alla praecinctio (passaggio con parapetto che divideva la cavea del teatro dai settori concentrici) e tre scalette la dividevano in quattro, la scena a esedre rettangolari al centro e ai lati misurava 57 m.. L'edificio realizzato con opera quadrata per le testate esterne e la reticolata di calcare locale datano il monumento all'epoca di Augusto, abbandonato dopo il IV sec. d.C. secondo un'iscrizione, e come ci testimoniano gli scavi, usato nella tarda antichità come necropoli. L'anfiteatro si trova al margine della città, a destra del fiume (incrocio della strada tra Teramo e Preturo) si tratta di un piccolo edificio (asse maggiore misura 68 m. e quello minore 53 m.), il perimetro comprendeva 48 arcate su due piani, ancora oggi conservate. Gli ingressi principali, disposti a est e ovest, sono quasi il doppio degli altri. L'arena doveva misurare 46x30 m. purtroppo oggigiorno quasi del tutto interrata, non vi sono tracce di gradinate che in origine dovevano ospitare 6000 spettatori. La tecnica edilizia, l'opera cementizia con rivestimento a mattoni, permette di datare l'edificio al I sec. d.C.. Si nota un rifacimento più tardo nel settore nord, in rozza opera mista, dove vennero chiuse delle arcate. Vaste e ricche necropoli dovevano circondare l'abitato: vennero riportate alla luce, in due riprese, tombe tardo-repubblicane, con letti funebri ellenistici in bronzo, oggi conservati uno al Museo di Chieti e l'altro al Museo dei Conservatori a Roma. San Vittorino Sotto la chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo vi è una piccola catacomba legata alla memoria del martire locale (San Vittorino). L'ambiente A, riutilizza strutture romane ed in parte ricostruita con resti antichi di un edicola eretta nel V sec. dal vescovo Quodvultdeus sul corpo del martire. Vi sono rappresentati due apostoli e un defunto presentato a Cristo da Vittorino. La persistenza arcaica paganico-vicana fino all'età augustea è dimostrata scoperta di numerose tombe monumentali nei villaggi circostanti Amiternum. Recenti scavi presso la presenza di un importante tempio di età repubblicana, che le iscrizioni permettono di attribuirlo a Feronia, del tempio rimangono notevoli elementi architettonici: capitelli corinzi e parti di fregio con eroti e ghirlande, in pietra calcarea locale datati stilisticamente, all'inizio del I sec. a.C e conservati nel Museo Archeologico di Chieti.
Situated on the high Aterno Valley, Amiternum was conquered by the Romans in the third century B.C. and became a prosperous municipium. The early settlement lay on San Vittorio hill, but during the imperial age the center was moved down to the valley, where the most important archaeological evidences remain: an amphitheater, a theater, ruins of the public baths and of an aqueduct.
The theater, of which the lower part of the central area (named cavea), of the orchestra and of the stage are visible, was built during the Augustan age and was able to contain no less than thousand spectators.
The amphitheater, recognizable from the perimetric two-level walls and the arcades set along it, was built approximately in the mid I century A.D. and was able to contain an audience of almost six thousand people.
Many architectural elements saved in the site of Amiternum were used in the nearby early Christian and medieval towns, among which the catacombs of San Vittorino, where the homonymous martyr was buried.