A sud della città di Avezzano, ai piedi del Monte Salviano si affacciano sulla piana del Fucino gli imponenti imbocchi dei cunicoli di Claudio, impropriamente conosciuti come cunicoli di Nerone. La galleria sotterranea, lunga 5.653 m., ha una sezione variabile da 5 a 10 m² con un dislivello pari a 8.44 m.. Venne realizzata tra il 42 e il 51 d.C. in occasione dei primi tentativi di prosciugamento del lago Fucino. Per semplificare il lavoro di perforazione e di estrazione del materiale, si scavarono 32 pozzi verticali e 6 cunicoli inclinati, dei quali rimangono ancora visibili i resti imponenti. Nei lavori che durarono circa 11 anni vennero coinvolti oltre 25.000 schiavi. In occasione dell'inaugurazione avvenuta nell'estate del 52 d.C., si tenne nelle acque del lago una spettacolare naumachia (battaglia navale) combattuta tra schiavi e galeotti, cui parteciparono oltre cinquanta galere divise in due flotte, che furono dette siciliani e dei roditi. Inizialmente le acque scesero soltanto di 4.50 m. e l'imperatore ordinò un ulteriore approfondimento dell'emissario. In questo modo la struttura funzionò sufficientemente ma, essendo stata trascurata la manutenzione, si ostruì. Le fonti antiche, tra cui Tacito e Plinio, riportano che Traiano (98-117 d.C.) lo fece spurgare e Adriano (117-138 d.C.) fece eseguire lavori di miglioramento e l'emissario riprese e mantenne funzione almeno fino al VI secolo. La superficie lacustre si restrinse di circa 6000 ettari allontanando il pericolo di inondazione: le colture aumentano, la Marsica divenne floridissima e i colli intorno al lago si trasformarono in luoghi di villeggiatura. Per le tristi vicende dell'Italia a seguito delle invasioni barbariche l'opera venne trascurata portando ad una nuova ostruzione e il Fucino tornò a condizione di lago. Nel corso dei secoli numerosi furono i lavori di restauro ed espurgo dell'emissario, noti sono quelli di Federico II, di Alfonso I d'Aragona e solamente nel 1816 a seguito di una disastrosa inondazione, che aveva elevato il livello del lago di oltre 6 m., furono ripresi gli studi per il suo prosciugamento. L'ultimo progetto si deve al Afan de Rivera, direttore dell'ufficio topografico del regno di Napoli, il quale ottenne l'incarico direttamente dal re di Napoli Francesco I. Si deve al duca Alessandro di Torlonia la prosecuzione dei lavori. Il progetto venne ampliato e si scavò un'ulteriore galleria più bassa e con una sezione maggiore, seguendo l'andamento claudiano. I lavori si conclusero nel 1870 a opera di due ingegneri: lo svizzero E. S. Bermont e il francese Alessandro Brisse che crearono un baciletto, raccoglitore delle acque meteoriche nel caso di piogge eccezionali o di sospensione all'emissario.